Perché le aziende italiane non sanno trattenere i dipendenti: stipendi bassi e manager incapaci, siamo i peggiori in Europa | Corriere.it


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Key Findings

A recent Great Place to Work study, the European workforce study 2025, reveals that Italy has the lowest employee retention rate in Europe. 40% of Italian workers are looking for new jobs, compared to the EU average of 31%. This is particularly pronounced among younger workers (18-24).

Causes of High Turnover

Several factors contribute to this high turnover rate:

  • Low salaries and lack of training: Stagnant wages and insufficient professional development opportunities are significant contributors to employee dissatisfaction.
  • Ineffective management: A major issue is the inability of Italian managers to connect with their employees. The study highlights a lack of listening and appreciation from leaders.
  • Quiet Quitting: Many dissatisfied employees remain in their positions but reduce their effort, further impacting productivity and company morale.

Recommendations for Improvement

The study suggests that Italian companies need to focus on several areas to improve employee retention:

  • Improve leadership skills: Managers need to develop stronger communication and engagement skills to foster a more positive and supportive work environment.
  • Enhance salaries and benefits: Competitive compensation packages are crucial to attract and retain talent.
  • Invest in employee development: Providing opportunities for growth and training will increase employee engagement and loyalty.
  • Foster open communication: Regular feedback and open dialogue are essential to address employee concerns and build trust.
  • Promote work-life balance: Offering flexibility, such as smart working options, is important for attracting and retaining younger generations.

Regional Differences

The study contrasts Italy's situation with countries like Denmark, Switzerland, Norway, the Netherlands, Germany, and Austria, where employees express significantly higher satisfaction with their jobs and are less likely to seek new employment.

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di Sara Tirrito

Secondo lo European workforce study 2025 di Great place to work l’Italia è la peggiore d’Europa per capacità di trattenere i lavoratori e il 40% degli italiani sta pensando di cambiare impiego contro una media del 31% dei Paesi Ue

Va all’Italia il primato europeo per incapacità di trattenere i talenti. Un trofeo certificato dall’indagine European workforce study 2025 di Great place to work, secondo cui il 40% dei lavoratori su scala nazionale ha dichiarato di voler cambiare impiego contro una media europea del 31% e con il picco tra le fasce più giovani, tra i 18 e i 24 anni. Stipendi fermi e scarsa formazione sono tra le cause principali dell’insofferenza dei dipendenti, ma pesa soprattutto l’incapacità dei leader, che secondo Great place to work non sanno ascoltare i dipendenti.

Lo studio

Condotta su 25 mila collaboratori da 19 Paesi d’Europa, l’indagine parte da una domanda: «Cercherai un nuovo lavoro quest’anno?». Se in Danimarca, Svizzera, Norvegia, Paesi Bassi, Germania e Austria la maggior parte degli intervistati è contento del posto in cui si trova e non sta cercando altro, in Italia 4 dipendenti su 10 vorrebbero cambiare occupazione, il 21% ci sta pensando e il 39% sta bene dov’è. Il desiderio di abbandonare il posto è più vivo nei giovani (che secondo alcuni esperti, vanno via soprattutto se non sono seguiti nelle fasi di inserimento). A farli scappare è la scarsa capacità da parte degli imprenditori di fidelizzarli, aspetto trasversale ai Paesi e che corrisponde al 36% degli intervistati tra i 25 e i 34 anni. «In Italia c’è un problema di leadership più grave che nel resto dell’Ue - spiega il presidente di Great place to work Italia Beniamino Bedusa -. Ai manager non mancano le competenze ma il loro rapporto con i dipendenti non funziona, non sanno valorizzarli». Secondo i dati del gruppo, nel nostro Paese solo il 44% degli impiegati si fida del proprio capo contro un tasso di stima del 64% nel Nord Europa. «Gli imprenditori non hanno capito che devono prendersi cura dei collaboratori, evitare di controllarli di continuo, dare loro fiducia e far capire come si raggiungono gli obiettivi».

Il quiet quitting

Il tasso di abbandono scende al 30% nella fascia 35-44 anni e la quota si assottiglia con l’aumentare dell’età, arrivando al 25% tra gli over 55. «Rimanere nella stessa impresa però non è quasi mai una scelta incondizionata - spiega Bedusa -, la maggior parte delle volte è influenzata dalla mancanza di alternative, soprattutto nei territori con minore occupabilità». La conseguenza è il quiet quitting, il fenomeno per cui i dipendenti insoddisfatti rimangono al loro posto nonostante siano infelici, riducendo il loro impegno nelle mansioni che svolgono. «Questo si verifica di più in Italia perché non c’è un turnover ma avere i quiet quitters in azienda alimenta la negatività».

I problemi da risolvere  

La generazione Z è quella che sta subendo più la mancanza di allineamento tra i vertici e il resto dell’azienda. «I manager non capiscono più i giovani, i loro valori, e non riescono ad adattarsi a concetti come la tutela del benessere psicologico sul lavoro o l’equilibrio con la vita». Secondo la survey di Great place to work Italia sono otto i punti su cui le aziende devono lavorare per attrarre gli lavoratori. Oltre a garantire uno bilanciamento con la vita privata, bisogna migliorare le condizioni salariali: «Lo stipendio è importante perché è un riconoscimento concreto al valore della propria professionalità», spiega Bedusa. Per prevenire l’abbandono poi bisognerebbe rafforzare le relazioni attraverso colloqui e feedback, rimuovere le barriere organizzative e avere la possibilità di crescere all’interno delle aziende con formazione e opportunità professionali. C’è poi lo smart working, parte dalla flessibilità che Great place to work consiglia di non negare.

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16 aprile 2025

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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