Elly Schlein, leader of the Partito Democratico (PD), has announced the party's support for five referendums, including those promoted by the CGIL labor union concerning the Jobs Act. This decision has caused internal divisions, with some members expressing discomfort, particularly those aligned with the more reformist wing of the party.
The article highlights disagreements within the PD regarding the referendums and the party's stance on the Jobs Act. Senators like Alessandro Alfieri have openly criticized the decision. Further internal debate is sparked by Lia Quartapelle's concern about the PD aligning itself with the CGIL's stance. Susanna Camusso, a prominent figure, protested the characterization of CGIL as “extreme”. Other prominent figures like Simona Malpezzi and Piero Fassino also criticized the decision.
Schlein's criticism of the EU's handling of the Ukraine conflict and her comments on the US's role are also detailed. She criticizes the US and argues for a stronger diplomatic approach from the EU. The article notes differing views within the party on this issue, including strong reactions from figures like Pina Picierno and Carlo Calenda. Goffredo Bettini also expressed strong criticism of the EU's approach, advocating for a more independent and diplomatic stance.
The article discusses Schlein's position on defense spending, advocating for common investments in the EU without increasing national expenditures. She calls for a new European investment plan, similar to the Next Generation EU fund, to address social and environmental issues.
Schlein emphasizes the need for a broader coalition beyond party lines to win future elections, rejecting proposals for short-term alliances. She calls for an alliance centered on social and economic issues.
Elly Schlein schiera il Pd senza tentennamenti a favore di 5 sì ai referendum di primavera: scontato il supporto a quello sulla cittadinanza, meno quello sui 4 quesiti promossi dalla Cgil che riguardano anche il Jobs Act voluto dal Pd renziano. «So bene che nel partito c’è chi non li ha firmati tutti, e non chiediamo abiure a nessuno, il pluralismo è un valore, tutti si devono sentire a casa propria», ha detto nella sua relazione alla direzione. «Ma il partito deve scegliere, e la nostra posizione deve essere chiara e lineare, non possiamo stare alla finestra: il Jobs Act appartiene a un’altra stagione, il suo superamento era già nel programma del 2022 e poi ne abbiamo discusso al congresso».
SCHLEIN DÀ PER SCONTATO che alcuni tra i cosiddetti riformisti non voterà contro il totem dell’era di Renzi, e usa verso di loro una certa delicatezza: «Daremo il nostro contributo, senza chiedere abiure a chi non li ha firmati tutti e non voterà a favore di tutti». Tra loro ci sarà Alessandro Alfieri, senatore, coordinatore di Energia popolare, l’area che fa riferimento a Stefano Bonaccini, che ieri direzione ha difeso quella riforma e ha detto che non voterà quel referendum sui licenziamenti. E ha graffiato: «In molti qui dentro si spellavano le mani per Renzi e ora vogliono abolire il Jobs Act…». Poi ha ricordato che la minoranza di oggi «non va tutti i giorni in tv a dire il contrario di quello che dice la segretaria, mentre in passato non era così».
Lia Quartapelle ha avvertito: «La Cisl non li sostiene, non credo che il Pd debba schiacciarsi sulla parte più estrema del sindacato». Brusio in sala. Susanna Camusso, seduta in platea, si è alzata in piedi e ha protestato: «Vorrei che fosse messo a verbale che il Pd non definisce “estrema” la Cgil». Critici sulla scelta del sì anche Simona Malpezzi e Piero Fassino: «Una discussione vecchia di dieci anni». Andrea Orlando invece ha esortato a sostenere il sì con convinzione: «Se non fossimo chiari comprometteremmo un riposizionamento che ha consentito di ricostruire un rapporto con un pezzo del mondo del lavoro».
QUALCHE SCINTILLA ANCHE sull’Ucraina. «Noi non siamo con Trump e il finto pacifismo che cela una resa all’aggressore e non saremo con l’Europa per continuare la guerra. Noi siamo per un’Ue diversa, unita e protagonista per una pace giusta», ha detto Schlein, dopo aver criticato a più riprese il presidente Usa, i suoi attacchi all’Europa e le fake news contro l’Ucraina: «Ora l’ultimo arrivato pensa di poter dare le carte: l’asse fra Trump e Putin punta all’indebolimento dell’Europa, risolvendo tutto con un accordo imperiale a base di ricatti sulle terre rare e i satelliti. Mai le due sponde dell’Atlantico sono state così distanti».
La leader Pd ribadisce le sue critiche all’Ue: «Da due anni chiediamo un maggiore sforzo diplomatico, se fosse arrivato prima oggi il presidente americano non potrebbe dare le carte da solo. Ma hanno pesato le divisioni interne ai paesi Ue. E ora non servono iniziative dei singoli paesi, ma un’azione comunitaria».
Le parole sull’Europa che vuole continuare la guerra fanno sobbalzare Pina Picierno, che ricorda di essere stata la sola dem presente a Kiev in questi giorni: «Non c’è stata nessuna postura bellicista». Si scalda anche Calenda: «Chi vuole continuare la guerra è la Russia non l’Europa». La segretaria reagisce: «Non accetto caricature, se c’è una leader italiana che si è schierata contro i falsi storici di Trump sono io, perché Meloni non ha ritenuto di farlo. Si comporta più da vassalla degli Usa che da pontiera».
MOLTO CRITICO CON L’UE anche Goffredo Bettini, che ieri ha promosso il convegno «Dialogo tra socialismo e cristianesimo» con monsignor Vincenzo Paglia. «L’Europa si è appiattita su un atlantismo di pura obbedienza. Ha perso la sua autonomia e oggi si trova silente e balbettante». Sull’Ucraina «si è invocata solo la guerra con l’illusione di vincerla». E ora l’Ue «si trova trascinata dai suoi stessi errori ad invocare ancora la guerra, quando si può aprire uno spiraglio di pace». «L’Europa rischia di cercare nelle armi ciò che avrebbe potuto e può trovare nella politica», gli ha fatto eco Andrea Orlando.
Schlein, dal canto suo, ha ribadito il sì alla difesa comune ma «senza aumentare le spese militari. «Come ha ricordato Carlo Cottarelli la spesa europea per la difesa è già alta, il tema è la razionalizzazione. Bisogna fare investimenti comuni, non incentivare un aumento della spesa nazionale: serve un nuovo Next Generation da 800 miliardi l’anno che riguardi anche la spesa sociale e ambientale».
SCHLEIN HA RIBADITO CHE «la destra si può battere se li trascineremo sul terreno sociale ed economico, dove stanno più scomodi». Ha annunciato un percorso di ascolto per costruire il «progetto per l’Italia». E ha avvertito: «Per vincere serve qualcosa di più di un cartello fra partiti che si accordano a tre mesi dalle elezioni, serve un’alleanza nella società». Bocciata dunque la proposta di Franceschini. «Se stiamo sul merito dei temi, sanità e salari, le possibilità di alleanze ci sono». Alla fine la sua relazione viene approvata all’unanimità, ma molti della destra dem non hanno partecipato al voto.
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