Scattata una foto nitidissima dell'antimateria al Cern, nel pool un ricercatore UniBs | Corriere.it


Researchers at CERN have captured an unprecedentedly clear image of matter and antimatter annihilation using a modified cellphone image sensor.
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di Thomas Bendinelli

Il risultato è stato possibile grazie alla manipolazione di un sensore di cellulare

Al Cern hanno fotografato il momento esatto in cui materia e antimateria si scontrano, vengono a contatto, e si distruggono a vicenda. La cosa stupefacente è che la foto è nitida, nitidissima, avendo una risoluzione da 4 miliardi di pixel. Il risultato arriva dall’esperimento AEGIS, condotto in collaborazione con l’Istituto nazionale di Fisica Nucleare, di cui fa parte anche il ricercatore bresciano dell’Università degli Studi di Brescia Nicola Zurlo, ed è stato pubblicato sulla rivista Science Advances. I ricercatori sono partiti da un sensore di immagine delle fotocamere dei telefoni cellulari, comunemente utilizzato per trasformare la luce in ingresso in un’immagine digitale, e lo hanno modificato trasformandolo in un rivelatore di particelle. 

AEGIS vede il coinvolgimento di numerose realtà italiane all’interno di una nutrita collaborazione internazionale: oltre all’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, presente con le Sezioni di Milano, Pavia e con il TIFPA di Trento), sono coinvolti ricercatori dell’Università di Trento, della Statale di Milano, del Politecnico di Milano e dell’Università di Brescia. Quest’ultima, in particolare, è stata tra i pionieri del settore: è stata una delle istituzioni accademiche che aveva proposto l’esperimento AEGIS, nell’ormai lontano 2007. «Per noi questo esperimento rappresenta una pietra miliare», afferma Ruggero Caravita, responsabile della collaborazione e ricercatore dell’Infn. Il risultato permette infatti di ottenere misure oggi quasi impossibili. «Questo sensore rappresenta un vero e proprio punto di svolta e potrebbe avere un impatto significativo anche più in generale per la fisica delle particelle, specialmente in esperimenti dove l’alta risoluzione di posizione è cruciale», commenta Caravita. «Il rivelatore realizzato è l’equivalente elettronico di una lastra fotografica — spiega Nicola Zurlo, docente di Fisica Sperimentale dell’Università degli Studi di Brescia —. 

Confrontando la risoluzione di ciascun sensore con il record di tracciamento delle particelle in un rivelatore a emulsione, che si attesta intorno a 300 nanometri, si osserva che il nuovo dispositivo raggiunge una risoluzione praticamente equivalente, ma in modalità elettronica, rendendo quindi i dati immediatamente leggibili. Non saranno più necessarie ore o giorni per procedere con lo sviluppo della lastra ad emulsione e conoscere quindi il risultato finale». Il sensore potrà avere ovviamente altre applicazioni, come ad esempio l’imaging biomedico. Dalle scienze dure alle applicazioni utili per migliorare la vita, che è poi un po’il senso della ricerca.

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4 aprile 2025 ( modifica il 4 aprile 2025 | 09:16)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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