Non un ideale album di ricordi, ma un autentico book fotografico, quello che su papa Francesco, si sfoglia assieme al prefetto di Brindisi, Luigi Carnevale, che per due periodi, è stato l’angelo custode di Bergoglio e che anche dopo i suoi compiti istituzionali è stato più volte assieme a lui e conserva foto anche nel suo studio al Palazzo del Governo.
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Eccellenza, ha seguito il Papa da settembre 2013 a settembre 2015 quale vicedirigente dell’Ispettorato Vaticano… «Periodo difficile in cui incombeva la minaccia terroristica dell’Isis e si respirava tensione: sulla sicurezza aveva dato indicazioni molto chiare di alleggerire l’apparato previsto a sua tutela. Lo fece la prima volta andando a Ciampino e da lì a Lampedusa dopo il naufragio: si accorse che lungo il percorso c’erano strade bloccate con auto ferme, viadotti presidiati, semafori verdi al passaggi. Lui ci chiamò e ci disse che non poteva tollerare che la gente avesse disagi per colpa sua, ma come spiegargli che quanti sono impegnati nella tutela della sua persona rendono conto al mondo della sicurezza del Papa? Spesso e volentieri usciva da solo e mi chiamavano anche dalla Gendarmeria: “Luigi, sta uscendo e non vuole che andiamo nemmeno noi, cerca di intercettarlo…”. Ci aggiravamo in zona e lo intercettavamo. L’auto si fermava ai semafori, lui abbassava il finestrino e salutava la gente che improvvisamente si accorgeva della sua presenza… Vedevi questi sguardi increduli».
Ma si vede che il rapporto è andato oltre: c’è una foto tenerissima, in cui Lei serve la messa al Papa: la vedo all’atto della consacrazione «Eravamo a Santa Marta, una mattina in cui accompagnai gente. Ad un certo punto, serviva uno che servisse la Messa: mi chiamò; il chierichetto lo avevo fatto da ragazzino».
E poi c’è questa foto in una deserta via del Corso «Siamo in periodo Covid: stiamo andando alla chiesa di San Marcello al Corso, dov’è custodito un crocifisso caro ai Romani. Là mi chiamarono: ero con il giubbotto e dovetti correre… Del resto, un’altra volta, di sabato, mi chiamarono per avvertirmi, che stava andando a trovare una signora anziana, amica sua, al quartiere Trieste e presi uno scooter per intercettarlo nei pressi di via Alessandria».
E poi le foto con la Papamobile. «Quando il mercoledì per l’udienza in piazza passava davanti alla postazione nostra ci scambiavamo un saluto particolare: io portavo la mano destra sul petto e lui ricambiava e si inchinava. Nell’occasione della foto in cui ci diamo il cinque in piazza san Pietro siamo a Pasquetta 2022; la piazza era piena di ragazzi, c’era Blanco, faceva un caldo terribile e la piazza strapiena dopo il Covid lo rese strafelice, si mise a fare il giro in piazza San Pietro, decise di andare in piazza Pio XII e l’ispettorato prese il posto della Gendarmeria: ieri mi metto proprio sulla ringhiera, porto la mano al petto per salutarlo e lui tutto felice si sporge dalla macchina e mi dà il cinque…».
L’ultimo ricordo «Sono andato a marzo al “Gemelli”, quando lui ancora era ricoverato; mi sono rivisto con Massimiliano Strappetti, l’infermiere. Mi è venuta in mente la prima volta che papa Francesco è stato ricoverato per l’intervento chirurgico: vidi che usciva dalla sala operatoria e gli sguardi perplessi dei medici. Dopo il mio periodo in Vaticano, ci siamo incontrati perché mi sono occupato della sicurezza in occasione della morte di papa Ratzinger e in occasione della scomparsa del presidente Napolitano, quando papa Bergoglio rese omaggio alla salma. E poi al G7 a Fasano, l’anno scorso. Ci siamo salutati e gli ho detto: “Santità, non riesce proprio a liberarsi di me!”».
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