Macron, Merz e Starmer, tre giganti dai piedi d’argilla


The article discusses the internal fragility of the French, German, and UK governments amidst the ongoing war in Ukraine, highlighting their challenges in presenting a united front.
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Leader sotto pressione, parlamenti divisi, crisi economiche che minano la stabilità, ma uniti nello sforzo — almeno formale — di offrire garanzie a Kiev, senza però una linea comune sull’assistenza militare. Cosa sta accadendo ai governi di Francia, Germania e Regno Unito che attraversano una fase di grande fragilità interna proprio nel momento in cui l’Europa è chiamata a mostrare compattezza sul fronte della sicurezza ucraina

I governi di Francia, Germania e Regno Unito attraversano una fase di grande fragilità interna proprio nel momento in cui l’Europa è chiamata a mostrare compattezza sul fronte della sicurezza ucraina. La situazione appare paradossale: leader sotto pressione, parlamenti divisi, crisi economiche che minano la stabilità, ma uniti nello sforzo — almeno formale — di offrire garanzie a Kiev, senza però una linea comune sull’assistenza militare.

A Parigi il governo naviga in acque quantomai agitate: François Bayrou guida una maggioranza inesistente, minacciata dalle opposizioni e da un malcontento sociale alimentato da scelte di bilancio impopolari. Le elezioni anticipate non hanno rafforzato, ma anzi indebolito l’esecutivo, il rischio di recessione è concreto e l’instabilità politica relega la Francia ai margini della leadership europea.

È probabile che il governo Bayrou cadrà e, senza una soluzione politica in parlamento che possa arrivare al 2027, c’è il rischio di un ulteriore scioglimento dell’assemblea, di vittoria del Rassemblement National nelle urne o di un altro parlamento frammentato, e soprattutto di una seria richiesta di dimissioni al presidente della Repubblica da parte delle forze radicali. Anche la Germania vive in equilibrio precario.

La grande coalizione stenta a trovare una direzione tra rigidità di bilancio, scelte difficili su energia e migranti e il peso crescente delle destre radicali. L’economia in frenata, l’inversione nella politica estera e le divisioni dentro la coalizione si ripercuotono sulla capacità decisionale del governo federale. Friedrich Merz è costretto da una alleanza sempre più asfittica con l’Spd a compromessi al ribasso che minano le riforme promesse dal cancelliere soprattutto in ambito di politica industriale e riforma dello stato.

Il Regno Unito, seppure guidato da un esecutivo apparentemente saldo, affronta una società polarizzata, una crescita asfittica post-Brexit e nuove ondate di populismo che vedono il Reform Party diNigel Farage in testa ai sondaggi.

Ma mentre i grandi paesi balbettano in patria, sul fronte europeo esiste una “coalizione dei volenterosi” pronta a garantire sicurezza all’Ucraina, almeno sulla carta. Le differenze restano: c’è chi ipotizza, per ora solo a parole, l’invio di truppe, e chi preferisce limitarsi alle forniture tecnologiche e logistiche, evitando qualsiasi coinvolgimento diretto sul terreno. La posizione di Italia, Germania e Polonia mostra come, nel contesto dei volenterosi, non ci siano poche “pecore nere” contrarie all’invio di contingenti militari ma una divisione politica piuttosto netta tra paesi.

Nel frattempo l’Europa resta nell’attesa di decisioni prese altrove: da un lato, la Russia di Vladimir Putin che continua a dettare condizioni e considera ogni presenza straniera, anche civile, in Ucraina come un potenziale bersaglio. Dall’altro, il grande rebus statunitense, con Donald Trump che parla di «garanzie di sicurezza»senza mai chiarire quali siano i veri confini dell’impegno americano e sembra intenzionato a lasciare il peso maggiore sulle spalle europee.

In questa ottica viene da chiedersi come Trump e Putin possano accettare l’estensione dell’articolo 5 della Nato all’Ucraina come proposto dal governo italiano. Per il primo significherebbe trovarsi di nuovo coinvolto in un eventuale conflitto ucraino, per il secondo è una condizione che oggi appare inaccettabile.

Lo spazio di manovra per i governi europei appare più che mai limitato, le leadership con maggiori potenzialità sono deboli e il continente si conforma sempre di più come una “periferia del potere” pur non essendo tale sotto molti altri fronti.

© Riproduzione riservata

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