giovedì 15 maggio 2025, 06:55 - Ultimo aggiornamento: 09:52

Nonostante abbia una storia lunga e sia legata a grandi personaggi del passato, da Alessandro Magno e Cesare Augusto a Newton e Darwin, la gotta è tutt'altro che una malattia scomparsa.

Oggi è più attuale che mai. La gotta è a tutti gli effetti una patologia in crescita a livello globale per il dilagare di obesità e stili di vita poco salutari. A lanciare l’allarme sono state la Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia e la Società Italiana di Reumatologia. «La gotta è l’artrite più acuta che è dato conoscere, la più comune tra gli adulti, soprattutto nei maschi sopra i 40 anni – spiega Carlomaurizio Montecucco, presidente della Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia – La sua incidenza è in aumento anche in Italia, come nel resto del mondo».

IL DOLORE

Si tratta di una malattia causata dall’accumulo di cristalli di acido urico nelle articolazioni: provoca episodi di infiammazione acuta caratterizzati da dolore intenso, gonfiore e arrossamento, spesso localizzati nell’alluce o nelle ginocchia. «La gotta non è solo una malattia dolorosa, ma può avere gravi conseguenze sulla qualità di vita e sulla salute generale – sottolinea Montecucco – Ha una base genetica e può essere aggravata da fattori dietetici e dall’uso di alcuni farmaci, come i diuretici». L’evoluzione della gotta può portare a episodi sempre più frequenti fino a una condizione cronica, con il rischio di danni articolari irreversibili e la formazione di tofi, cioè di depositi di cristalli di urato monosodico nel tessuto sottocutaneo e negli organi. Inoltre, l’iperuricemia, ossia livelli elevati di acido urico nel sangue, è associata a patologie come ipertensione, diabete, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari. «Oggi in Italia, il 20% della popolazione adulta presenta elevati livelli di acido urico nel sangue, iperuricemia, causa diretta della gotta – afferma Andrea Doria, presidente della Società Italiana di Reumatologia – Si tratta di persone a rischio. L’incidenza della patologia è in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione, dei tassi crescenti di obesità e diabete, di cattive abitudini come l’abuso di alcol, oltreché della diffusione di alcune classi di farmaci: fattori che causano una riduzione della funzionale renale e quindi della capacità di espellere l’acido urico». In passato, la gotta, colpiva principalmente nobili e ricchi, anche per le loro abitudini alimentari ricche di carne. Oggi questa malattia si è “democraticizzata” e rappresenta una delle forme più comuni di artrite infiammatoria negli adulti che andrebbe diagnosticata in tempo e gestita con maggiore attenzione. La storia, così come la sua attuale diffusione, suggerisce l'importanza anche di altri fattori di rischio. «Possiamo oggi sfatare un falso mito – spiega Leonardo Punzi, direttore dell’Istituto di Storia della Reumatologia, che studia le patologie reumatologiche nel passato per meglio comprenderle anche nel presente – quello dell’alimentazione, che certamente ha un ruolo nel favorire l’insorgenza e l’aggravarsi della gotta, ma non è l’unica causa dell’ampia diffusione della patologia tra i ceti benestanti del passato, avvezzi al consumo di grandi quantità di carne. Molti gottosi erano, infatti, vegetariani, da Leonardo Da Vinci a Theodore Franklin, o altri piuttosto parchi, come Michelangelo Buonarroti. C’erano anche altri motivi: l’uso smodato di alcol e le frequenti intossicazioni da piombo, contenuto nei cosmetici e nei colori».

IL TRATTAMENTO

Oggi come in passato la diagnosi tempestiva può fare la differenza. Attualmente, il trattamento della gotta si basa sull’uso di antinfiammatori e colchicina per gli episodi acuti, mentre per la gestione cronica vengono impiegati farmaci ipouricemizzanti. «Fortunatamente, con la diagnosi precoce e terapie appropriate, cui affiancare sana alimentazione e moderata attività fisica, è possibile gestirla efficacemente e anche farla regredire» conclude Doria.

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Gotta, non solo questione di genetica: sedentarietà e obesità tra le maggiori cause. Più a rischio gli uomini sopra i 40 anni


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